La “psicologia archetipica” del filosofo Usa spiegata dall’antropologa Selene Calloni Williams: «Affrontare la malattia ritrovando fede nell’invisibile» Una psicologia che mette al centro della scena il mondo delle immagini e l’ani-ma che vuole essere riconosciuta, superando sterili dati, analisi cliniche e statistiche. Questo l’approccio di James Hillman psicoanalista, saggi-sta e filosofo statunitense che ha sviluppato una psicologia definita come archetipica o immaginale, perché parte dal-la realtà cosciente e la riconduce alla sua immagine originale. «Il pensiero di Hillman presuppone la capacità di vedere la vita come sogno, come una grande imago che non ha nulla di sostanziale e di oggettivo» spiega Selene Calloni Williams, antropologa, viaggiatrice, documentarista e autrice di “James Hillman – Il cammino del fare anima e dell’ecologia profonda” (Edizioni Mediterranee). Ricondurre la realtà alla sua natura immaginale significa, per Hillman, “fare anima”, vale a dire riportare ogni oggetto, persona, evento o luogo alla sua natura originaria che è immagine e appartiene alla dimensione universale. Quando dimentichiamo questo aspetto immateriale, quando non ci rendiamo conto che la nostra Anima fa parte di questo mondo sottile e oscuro che, però, ha bisogno di essere visto e considerato, insorgono disturbi e patologie. «Quando si affronta una malattia è necessario affidarsi, ritrovare fede nell’invisibile. Il curarsi, l’agire è necessario e costituisce l’aspetto rituale della tera-pia, ma, contemporaneamente, è necessario ritrovare il contatto con il mistero»sotto-linea l’esperta. Pertanto, per stare bene bisogna ristabilire l’equilibrio universale tra noi e il mondo invisibile, tra noi e la natura, in una sorta di scambio, di “darsi” continuo.. nella visione immaginale, la malattia non è altro che la voce del-l’anima che chiede la ricostituzione di quell’armonia primeva e di quella propensione al darsi, esattamente come la natura si dà, si offre, incessantemente…

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